Domenica mattina, mentre ero in stazione a Finale Ligure in attesa del treno che mi avrebbe portato a Roma, sono stato colpito, nonostante l’abbia sotto gli occhi da sempre, dall’immagine degli stabilimenti Piaggio che si scorge dal binario e ho appuntato alcuni rapidi pensieri in un post che ha suscitato numerose reazioni confermandomi l’importanza ed il legame di quell’esperienza industriale con il nostro territorio. Tra i commenti il suggerimento di una lettura da parte dell’amico Tito Menzani, storico dell’economia e dell’impresa, che mi ha consigliato la lettura del libro, che non conoscevo e di cui vi propongo l’immagine di copertina. L’ho trovato molto stimolante e quindi a mia volta vi invito alla lettura.

Questa storia, come sempre, contiene tante storie, ne coglierò solo una parte per condividere alcune riflessioni, senza la pretesa di fare una recensione del volume, per questo rimandando alla sua lettura.

Non sapevo che la storia della Piaggio nascesse da un forte impulso pubblico, oggi diremmo da un’azione di politica industriale svolta dal Comune di Finale Ligure che, dopo l’inaugurazione della linea ferroviaria Savona-Ventimiglia del 1872, si era trovato a dover fronteggiare una crisi strutturale del modello di sviluppo fino a quel momento legata al traffico via mare delle merci (con i “bastimenti”) ed a tutte le attività ad esso connesse.

Una grande innovazione porta grandi opportunità, per il turismo e per le merci, ma mette in crisi il sistema produttivo precedente, che non aveva saputo anticipare i necessari cambiamenti, con pesanti ricadute economiche, sociali e demografiche.

L’amministrazione comunale decide quindi di investire (inizialmente ipotizzando anche la realizzazione di un albergo) per attrarre nuovi investimenti industriali e far così fronte alla crescente povertà delle classi meno agiate ed al declino demografico. Il percorso non sarà breve, ma nel 1906 porterà all’insediamento della Società Officine di Finalmarina che nata per la manutenzione e costruzione di vagoni ferroviari, attraverso passaggi successivi e l’impulso delle due guerre, diverrà industria aeronautica. L’accordo stipulato prevedeva l’impegno di un significativo contributo da parte del Comune (15.000 lire all’anno per i primi quattro anni e quindi 10.000 lire per ulteriori undici anni) a fronte del quale la società si assumeva impegni sia sugli investimenti sia sulla ricaduta occupazionale (quantitativi e di particolare attenzione ai finalesi di sesso maschile).

Ruolo attivo che l’Amministrazione finalese continuerà a svolgere anche con interventi di welfare per attenuare le conseguenze di fasi di crisi che avevano portato a licenziamenti.

la foto dei capannoni Piaggio scattata da binario della stazione di Finale Ligure

Letta con gli occhi di oggi sembra una scelta di straordinaria lungimiranza che, infatti, ha garantito un secolo di sviluppo e fa riflettere circa il ruolo della politica e i suoi rapporti con l’impresa. Oggi forse il vento sta cambiando, ma per troppo tempo abbiamo subito due spinte, apparentemente contrapposte ma con esiti convergenti, da un lato il neoliberismo che pensa/va di trovare le risposte nel solo mercato senza bisogno dell’intervento pubblico, che anzi andava ridimensionato, dall’altro la rivolta morale che è seguita a “tangentopoli” che, partendo da giusti elementi di rifiuto di comportamenti illeciti, ha alimentato, come spesso avviene con il pendolo della storia, un atteggiamento opposto ed eccessivo quasi di pretesa di distacco della politica da tutto ciò che è economia. Come se si potesse fare sviluppo solo a parole e senza rapporti e relazioni con il mondo dell’impresa.

Da qui un trentennio di legislazione che punta a separare, a rendere astratta e neutra (come se fosse possibile) questa relazione, in ultima analisi una legislazione nemica dell’impresa e dello sviluppo e la mancanza di una seria politica industriale e più in generale per lo sviluppo.

Ora ci attendono tempi assai difficili in cui dovremmo fronteggiare una crisi economia ed ambientale di portata enorme ed è forse venuto il tempo di ripensare anche il ruolo della politica ed in particolare della politica locale e dei suoi strumenti.

Nel libro, in verità, emerge anche il ruolo della politica nazionale (si riportano ad esempio gli interventi formali dell’allora sottosegretario agli Esteri Carlo Russo e del ministro del Tesoro Paolo Emilio Taviani) così come emerge in tutta la sua importanza il ruolo del sindacato.

I partiti, nella forma che abbiamo conosciuto non torneranno più, ma la funzione che hanno svolto di sedimentazione di conoscenza e di cultura, garantendo la formazione di intere classi dirigenti, è imprescindibile per un Paese che vuole crescere.

La presenza della Piaggio ha significato competenze elevate; competenze alla cui preparazione il territorio a pensato fin dal 1913, con la scuola di disegno per gli operai voluta la sezione finalese della Società Dante Alighieri, poi nel 1928 con i corsi di specializzazione pre-aeronautica e quindi fino ai giorni nostri con il ruolo della scuola professionale IPSIA. Insomma la fabbrica che plasma il tessuto sociale in cui è insediata e ne qualifica le competenze, la cultura diffusa, la rete di relazioni sociali, ne segna l’identità. Una riflessione che forse oggi dovrebbe affiancarsi a quella sull’utilizzo delle aree dismesse per capire come affrontare e se affrontare i cambiamenti sociali che inevitabilmente, con il trasferimento della fabbrica, interesseranno il territorio.

La Piaggio ha avuto molti primati, ne traggo solo alcuni dalla lettura del libro:

  • Piaggio P.111 primo aeroplano pressurizzato realizzato in Europa;
  • Prima industria privata in Italia a realizzare una galleria del vento;
  • Piaggio P.50 primo bombardiere quadrimotore costruito in Italia;
  • Piaggio P.136 nel 1954 ottiene il primato mondiale di distanza per velivoli anfibi;
  • Nei primi anni 60′ con l’acquisto del computer Olivetti Elea 6001, l’ufficio tecnico della Piaggio ne fece per primo in Italia un utilizzo per scopi scientifici.

Una realtà unica nel suo genere, capace di realizzare aeroplani interamente concepiti al proprio interno, che soffri sempre le modeste dimensioni strutturali, finanziarie e di organico in un settore altamente competitivo. Non ho gli strumenti per capire quale possa essere oggi il destino di Piaggio ma penso sarebbe utile ed importante conservarne un ruolo, in un disegno strategico che non può che essere di dimensione almeno europea. Se avrò modo e capacità cercherò di tornare su questi temi per capire, approfondire e auspicabilmente contribuire al dibattito.

Per iniziare seguirò un altro consiglio di lettura “Finale Ligure 1927. Biografia di una Città dall’unità d’Italia al fascismo”, di Fabio Caffarena e Carlo Stiaccini, edizioni Unicolpli. Lettura consigliatami dall’amico Sebastiano Tringali, storico che, tra le tante cose fatte, ha curato la pubblicazione della tesi di laurea di Sandro Pettini sulla Cooperazione di cui avevo già avuto modo di parlare qui. Con Sebastiano ho spesso il piacere di confrontarmi sui temi dello sviluppo e spero vorrà aiutarmi nel percorso di approfondimento qui accennato.

L'immagine di copertina è tratta da "Piaggio sulle ali della Memoria", raccolta di interviste a cura di Laboratorio Audiovisivi Buster Keaton