Nel 2014 scrivevo quest’articolo a proposito della vicenda della centrale Tirreno Power di Vado Ligure. Al di là del fatto specifico, mi pare che il pensiero di fondo mantenga sempre di più il suo valore e quindi lo ripropongo.IMG_0870

In generale ritengo opportuno non commentare vicende giudiziarie, tanto meno quelle in cui è impegnato professionalmente mio padre, perché il rischio (la quasi certezza) è che la strumentalizzazione abbia la meglio sul merito ma, la straordinaria gravità della situazione impone alcune riflessioni sia di carattere generale sia nello specifico che provo ad esporre per punti.

 

Sviluppo sostenibile, ambiente e salute.

Questo è il grande e difficilissimo tema che dovrebbe essere al centro della politica contemporanea ma, impegnati come siamo in continue battaglie tra Guelfi e Ghibellini prendiamo posizione ma non troviamo, pragmaticamente, soluzioni.

È fuori dubbio che non è possibile barattare salute con lavoro (quanta strada ha fatto il Sindacato italiano dalle lotte per la “penosa” quando la salute veniva monetizzata!).

In questa vicenda, come afferma il Gip nel decreto di sequestro, le tecnologie avrebbero potuto molto migliorare gli impatti ambientali ed invece siamo sprofondati nel dramma.

Il Presidente Burlando, in verità, aveva “imposto” una soluzione pragmatica che scontentando tutti, comitati ed impresa, tentava la via degli investimenti tecnologici per rendere il più possibile compatibile la presenza di un grande impianto industriale con la salute e la qualità della vita ma ciò non è avvenuto.

Ci resta il triste gioco delle tante verità ed il dramma dell’ennesimo colpo mortale al nostro sistema industriale con centinaia posti di lavoro, competenze ed humus imprenditoriale distrutti.

In questa vicenda ci sono tutti gli elementi della crisi italiana:

– prima di tutto un sistema incapace di decidere; schiacciato tra norme confuse, responsabilità troppo diffuse e sovrapposte da non essere mai chiare e certe, un sistema giudiziario lento e farraginoso cui si ricorre o si delega eccessivamente, intasandolo, come continua surroga alle inefficienze complessive;

– l’incapacità di capire che, pur in un quadro di apertura ai mercati ed ai capitali stranieri, che chiamerei di collaborazione competitiva, è necessario e doveroso difendere l’italianità del sistema produttivo, in particolare in settori strategici tra cui l’energia (come fanno tutti a partire da: Francia, Germania, Stati Uniti, per non parlare di Cina e Russia!). Noi invece no. Ci pare più figo dire superficialmente che bisogna essere aperti alla concorrenza dimostrando provincialismo e pochezza. Così, solo per fare un po’ di polemica in controtendenza, ci siamo giocati BNL e Parmalat (in entrambi i casi si potrebbe dire molto sulle conseguenze nefaste per il Paese ma non è ora la sede).

D’altronde non è per noi una novità andare a cercare il Principe straniero che poi, ovviamente, sia fa i casi suoi!

– in tutto questo gioca un ruolo straordinario la debolezza della politica che, a prescindere dai singoli, non è più in grado di definire un disegno strategico, costruire ed avere consenso e fiducia. Servono idee, progetti ed un pensiero lungo che la politica italiana da molti decenni non riesce più ad esprimere. Il movimento cooperativo, nel suo piccolo, anche su questo prova a dare un contributo.

– ultimo, ma non ultimo, la mancanza di un diffuso senso etico che per i singoli significa onestà, moralità, senso del dovere e dell’interesse generale, per le imprese responsabilità sociale. Senza tutto questo, senza un profondo e diffuso senso della legalità, potremo fare molte leggi ma non rilanceremo, il Paese. Il difficile è che non riguarda gli altri ma interroga ognuno di noi!

 

La ricerca delle responsabilità (presunte) spetta alla Magistratura ma, la politica è chiamata alla ricerca di una soluzione e qui non può essere che il Governo che in un confronto rapido, chiaro e trasparente con le istituzioni locali e, per quanto possibile, con il supporto della stessa Magistratura, individui un percorso che porti alla realizzazione degli investimenti necessari a far ripartire gli impianti.

Come ho detto ho grande rispetto per le regole, che sono il fondamento del vivere civile, è però necessario non confondere il rispetto delle norme con la sovranità di procedure bizantine e burocratismi inutili che nascondono inefficienze, tempi incompatibili con la vita delle imprese e dei cittadini, mancanza di assunzione di responsabilità. Qui è necessario da parte di tutti orientamento al risultato e capacità di decisione; ne va dello sviluppo di una provincia già molto colpita da un processo di de industrializzazione che deve essere fermato.

È necessario non lasciarsi sprofondare nel  dramma mettendo in campo investimenti, ricerca, innovazione tecnologica per promuovere un nuovo modello industriale.

Difficile? Si molto difficile! Serve coesione, assunzione di responsabilità, trasparenza, competenza. Ma un grande paese industriale come il nostro ha la forza per farlo!

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