Questo testo è tratto dalla mia intervista sul futuro del Nord Ovest fatta da Vincenzo Galliano e pubblicata su Il Secolo XIX del 6 marzo 2017.

Pensare positivo è uno dei “segreti” per sostenere e assecondare lo sviluppo di Genova e dell’intera regione nei prossimi anni. Non è un banale esercizio di ottimismo, ma un preciso atteggiamento mentale, una fiducia nei nostri mezzi che nasce dalla consapevolezza dei tanti punti di forza del nostro territorio e del grande lavoro svolto fino qui.

Articolo uscito su Il Secolo XIX

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A mio parere, sono il porto, il turismo e l’industria i settori trainanti della crescita economica e dell’occupazione che avranno un’accelerazione grazie al completamento delle grandi infrastrutture e della terziarizzazione. A patto che questi tre pilastri dello sviluppo siano declinati in un’ottica mentalmente nuova, non più in termini di alternativa o contrapposizione ma in forma “ibrida” e altamente tecnologica. E anche, a condizione di mettere da parte una certa conflittualità, propria delle classi dirigenti locali non solo della politica, per lavorare tutti assieme nell’interesse comune in uno spirito cooperativo senza limitarsi ad evidenziare gli errori altrui.

Io sono convito che abbiamo tutte le carte in regola per centrare obiettivi ambiziosi, ma prima occorre un cambio di mentalità. Piuttosto che lamentarci delle cose che non vanno, dobbiamo recuperare la consapevolezza della nostra forza: mi riferisco ad un aspetto quasi caratteriale, un atteggiamento mentale proattivo che può diventare elemento sistemico, in grado di favorire la realizzazione delle grandi potenzialità di questa terra.

Tra i nostri punti di forza, innanzitutto c’è il cluster portuale. Nella rete logistica mondiale i porti oggi sono un asset determinante per il valore delle merci e non soltanto luogo di transito. La vocazione portuale di Genova si porta dietro un enorme patrimonio di competenze e professionalità apprezzato in tutto il mondo: studi legali, broker, dogane, commercialisti, compagnie assicurative. Non è un caso, ad esempio, che la Siat, società del gruppo Unipol che assicura il 20% delle navi del mondo abbia mantenuto la sede sotto la Lanterna anche dopo la fusione con Fondiaria.

Guardare le cose con una giusta dose di orgoglio non significa non vedere le criticità: ad esempio osservo una certa lentezza e fatica nella riorganizzazione delle Autorità portuali. Bisognerebbe accelerare. Poi c’è l’industria. E’ vero che in questo comparto si registra un calo di occupati ma sul nostro territorio abbiamo grandi aziende – da ABB ad Ansaldo – in grado di produrre indotto oltreché altissime competenze e forte innovazione. Senza contare le grandi eccellenze come l’IIT ma anche il campus di Savona sulle energie.

Articolo uscito su Il Secolo XIX

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E poi il turismo, come coniugare la difesa dell’ambiente con lo sviluppo portuale e industriale? La compatibilità non solo è tecnicamente possibile ma necessaria. Occorre operare in una logica di “ibridi”. Questo in generale. I modelli non mancano. Ne cito uno: la società ETT che mette le nuove tecnologie al servizio della cultura.

Tra le criticità, certamente le infrastrutture sono la nota dolente. Non è solo colpa dei ritardi della politica ma della conformazione stessa della Liguria, che rende complicato realizzare collegamenti efficienti. Anche questo aspetto tuttavia va guardato in un orizzonte positivo. Tra pochi anni saranno pronte le opere essenziali grazie alle quali potremo fare il salto di qualità: dal terzo valico al nodo ferroviario, dalla piattaforma logistica di Vado agli ampliamenti di Bettolo e Ronco Canepa.

Sul fronte dell’occupazione, il mondo del lavoro attraversa una difficile fase di transizione, la terziarizzazione dell’economia non è ancora completata, ma i segnali sono confortanti. In particolare, sul fronte della cultura: i musei liguri sono al terzo posto in Italia per trend di crescita. E pure nell’ambito del welfare e della qualità della vita connessi all’innovazione tecnologica, ci sono ampi margini di crescita. Non solo: osservo tutti i giorni un grande fermento dal basso. Una ricchezza di associazionismo, una voglia di cittadinanza attiva che spesso hanno anche uno sbocco economico. Penso alle cooperative di comunità, ma anche al bando nazionale finanziato da Coop per il sostegno alle startup: su 25 nuove aziende dieci sono liguri. Significa che ci sono moltissimi giovani che hanno scelto di restare qui, di mettere a frutto i loro talenti. Sono ottimista.