In questo blog abbiamo già parlato di imprese recuperate esempio virtuoso di politica industriale, ma cosa sono le imprese recuperate o workers buyout?

Sono imprese acquisite dai lavoratori e trasformate in cooperativa a seguito di una crisi aziendale o difficoltà di ricambio generazionale nella proprietà. Esistono strumenti normativi e finanziari di supporto a questi percorsi (mai semplici e scontati), ma i veri protagonisti sono i lavoratori. Lavoratori che si mettono in gioco, investono denaro, tempo e fatica per salvaguardare il proprio posto di lavoro, aprirsi a nuove e ulteriori sfide garantendo così anche la salvaguardia di un saper fare che è parte integrante di quella cultura nazionale che ha fatto di noi, pur privi di materie prime, una grande potenza industriale che oggi è però messa in discussione dall’incapacità di reagire positivamente agli effetti combinati di globalizzazione e innovazione tecnologica.

Fenomeno internazionale, come evidenzia la ricerca di Euricse del 2015, che nel nostro Paese ha trovato attraverso la Legge Marcora un’applicazione lungimirante e di successo. Dimostrazione, ancora attuale e fonte d’ispirazione a distanza di 35 anni, di una capacità riformista di tenere in equilibrio la necessità di garantire tutele ai lavoratori (welfare risarcitorio) e promuovere lavoro e sviluppo (welfare capacitante).

Perno della norma, semplificando molto, è la possibilità di utilizzare l’anticipazione della NASpI (indennità di disoccupazione) come capitale sociale (quindi di rischio) nella costituzione della nuova impresa in forma cooperativa. Capitale cui si può affiancare l’intervento, sotto forma di partecipazione temporanea e/o finanziamento, di CFI (finanziaria partecipata dal MISE e nata proprio a seguito dell’approvazione della più volte citata Legge Marcora) e dei fondi mutualistici tra cui Coopfond.

Il Centro Studi di Legacoop, in un lavoro del marzo 2020 , sottolineando che i WBO potrebbero rappresentare un’opportunità per contrastare il rischio di un ulteriore declino industriale del Paese, ci offre numerosi e importanti spunti di riflessione.

Alcuni dati:

  • dall’entrata in vigore della Legge Marcora (27 febbraio 1985) si contano 323 imprese recuperate che hanno interessato e coinvolto 10.408 lavoratori con un tasso di sopravvivenza superiore a quello delle aziende tradizionali (circa il 75% delle operazioni condotte dopo il 2003);
  • tra le cooperative attive il 75% sono aderenti a Legacoop e  producono l’87% del fatturato e il 91% degli utili sul totale;
  • le imprese associate presentano un tasso di sopravvivenza (47,2%) nettamente più alto di quello riscontrato tra le non aderenti (20,4%);
  • una forte concentrazione territoriale tra le regioni del Centro e del Nord-Est (70%);
  • la maggior parte delle imprese recuperate (79,6%) rientra nel comparto dell’industria manifatturiera;
  • la dimensione media fa rientrare i WBO prevalentemente nelle PMI. Dato che emerge dal citato lavoro di Vieta M. e Depedri S. (Euricse 2015) e anche dal portafoglio di Coopfond che, a far data dal 2008, ha sostenuto 66 progetti che hanno avuto come protagonisti circa 1700 lavoratori.

I dati nel confermare lo straordinario valore del fenomeno e degli strumenti messi in campo ci dicono anche che si tratta di operazioni complesse che non sempre possono risolvere situazioni di crisi o difficoltà. Ciò rende necessario verificare con rigore le condizioni di fattibilità. Per esempio indagando con attenzione le ragioni che hanno portato all’eventuale crisi dell’impresa da cui si “parte”, il mantenimento del mercato e delle professionalità necessarie per affrontarlo e così via. Il rigore è sempre necessario, anche se a volte non compreso,  quando si devono studiare dei piani d’impresa, ma in questo caso, se fosse possibile, lo è ancor di più perché siamo di fronte a lavoratori, spesso in una situazione difficile, che rischiano in proprio.

La significativa concentrazione territoriale dipende, a giudizio mio e di autorevoli osservatori, sia dalla maggiore vocazione manifatturiera di quei territori e quindi dalla maggiore probabilità statistica essendo il manifatturiero il comparto cui sono più vocati i WBO, sia da un effetto “imitativo” conseguente alla conoscenza del modello cooperativo e di altri casi di imprese recuperate. Atteggiamento comprensibile in chi, dovendo approcciare strade impervie, se conosce esperienze di successo le utilizza come possibile modello di riferimento.

Ciò significa che è nostra responsabilità farne conoscere le potenzialità anche nei  territori che meno hanno utilizzato questo strumento e che vi potrebbero trovare una delle leve di politica industriale e occupazionale.

Emerge inoltre il ruolo virtuoso del sistema associativo ed in particolare di Legacoop che negli anni ha saputo costruire competenze, servizi di supporto, capacità di lavoro in partnership con le organizzazioni sindacali (che spesso svolgono un ruolo fondamentale nei progetti di recupero) e il sistema bancario che, in tutta evidenza, hanno fatto la differenza. Un ruolo che è anche responsabilità e consapevolezza di quanto sia necessario fare sempre meglio per corrispondere a un bisogno del Paese. Per questo l’associazione con il supporto di Coopfond, anche in questa difficile fase determinatasi a seguito del Covid, non ha smesso di progettare e lavorare al miglioramento dei propri servizi, ad attività formative e di messa in rete delle proprie competenze.

Formazione a distanza sui WBO

Formazione a distanza sui WBO

Di questo percorso fanno parte anche le tre giornate formative sui WBO rivolte agli “operatori finanziari territoriali” che si sono appena concluse e che hanno coinvolto oltre trenta persone. Un primo passo di un percorso su cui continueremo ad impegnarci.

Un tasso di sopravvivenza delle cooperative associate doppio rispetto alle non associate offre uno spaccato sull’utilità del sistema Legacoop che, in conclusione, merita di essere rimarcato perché stravolge quell’opinione “comune” sul progressivo indebolimento dei corpi intermedi (tutti)  che spesso ci ha accompagnato in questi ultimi anni mentre cresceva il declino sociale ed economico del Paese.

Penso che la disattenzione e l’indebolimento del vero e proprio capitale sociale rappresentato dai corpi intermedi sia parte non secondaria della oramai ultra-ventennale crisi che stiamo attraversando. E’ giunto il tempo di arginare questa deriva perché il governo della complessità richiede visione, professionalità, capacità di cooperazione e condivisione di obiettivi tra attori diversi.

Le imprese recuperate ci insegnano anche che insieme si è più forti non è solo uno slogan.

* immagine di copertina Cooperativa Fonderia Dante.