Il 22 maggio a Firenze, nella splendida cornice del Salone dei Cinquecento, abbiamo svolto la nostra assemblea di metà mandato, momento per una verifica del percorso fatto e degli obiettivi futuri. Sembra incredibile, ma sono già trascorsi due anni da quando, su proposta del Presidente Gamberini, sono stato nominato Direttore Generale di Legacoop. Due anni intensi, impegnativi ed entusiasmanti.

Con orgoglio penso di poter dire che stiamo facendo un grande lavoro che, nel rafforzare Legacoop, va oltre i soli interessi delle cooperative e abbraccia quelli dell’intera comunità nazionale ed europea. Perché una cooperazione più forte è linfa sia per il sistema democratico e i suoi valori sia per lo sviluppo economico e sociale.
I risultati importanti che stiamo ottenendo sono frutto di un lavoro collettivo e corale che coinvolge l’associazione in tutte le sue articolazioni e di questa esperienza sono debitore e devo essere grato innanzitutto a Simone Gamberini, alla presidenza, alla direzione di Legacoop, a tutti i colleghi impegnati nei diversi livelli e ruoli dell’organizzazione che stanno producendo uno sforzo personale ed organizzativo eccezionale. Vivere un’esperienza collettiva di trasformazione generativa è una fortuna straordinaria, farlo in un clima come quello di Legacoop penso sia una cosa che solo il movimento cooperativo possa regalare.

In questo resoconto sintetico condivido il percorso fatto, gli obiettivi realizzati e quelli prossimi.
Quando ho assunto l’incarico di Direttore Generale di Legacoop, avevo chiaro che il cambiamento promosso dalla presidenza Gamberini e il disegno ambizioso che ne era la diretta conseguenza, non sarebbe stato solo opportuno, ma necessario.
Il movimento cooperativo Legacoop è attraversato da una tendenza apparentemente contraddittoria, da un lato va progressivamente e significativamente rafforzandosi in termini di valore della produzione ed occupati, in particolare con le grandi e medie imprese, dall’altro lato, così come tutto il movimento cooperativo italiano, da troppo tempo non cresce in numerosità.
La natalità cooperativa mostra segnali di crisi di lungo periodo che non possono non preoccupare chi, come noi, lavora per una prospettiva che non è solo sull’oggi ma è orientata al futuro.[1]
Sappiamo e abbiamo evidenza del fatto che le cooperative aderenti a Legacoop, hanno vita media, percorsi di crescita e resilienza assai maggiori che la generalità delle imprese cooperative. Siamo convinti che la differenza sia fatta proprio dal sistema, dalle competenze diffuse, dagli strumenti al servizio dello sviluppo, dalla capacità di networking che complessivamente rappresentiamo.

Un quadro che carica Legacoop, con il suo ruolo di pivot, di responsabilità e impone un impegno di lungo periodo affinché il movimento cooperativo torni a crescere anche in termini di nuove cooperative e possa così rafforzarsi, affermare i propri principi e valori, concorrere allo sviluppo di una società più giusta, inclusiva, dinamica e pacifica.
In un contesto in cui i corpi intermedi vengono messi in discussione, il nostro ruolo – quello di mediare, connettere, rappresentare, proporre – torna quindi centrale. Legacoop, la più antica e importante associazione cooperativa italiana,[2] non può limitarsi a custodire la sua storia: ha il dovere di interpretare il presente e preparare il futuro.[3]
Il percorso di ripensamento dell’organizzazione di Legacoop è stato concepito con un obiettivo preciso: mettere al centro le cooperative, semplificare l’organizzazione, rafforzare i servizi e misurare gli impatti. Non solo per modernizzare un’associazione storica, ma per renderla più utile, più vicina, più capace di futuro. A distanza di due anni, possiamo dire di avere imboccato con decisione questa strada. Il nuovo assetto organizzativo è in campo: strutture più leggere, responsabilità chiare, obiettivi condivisi. Soprattutto, non si è trattato di interventi di facciata, ma di una trasformazione prima di tutto culturale prima ancora che operativa, che chiede a tutti – a partire da me – di cambiare il modo di lavorare, di relazionarsi, di pensare al nostro ruolo.

Siamo partiti da una domanda essenziale: come può un’associazione come la nostra essere davvero all’altezza del ruolo che le cooperative, e il Paese, le chiedono oggi? La risposta l’abbiamo costruita giorno dopo giorno, con metodo e visione, fondando il nostro cambiamento su quattro direttrici strategiche: centralità delle cooperative, modello organizzativo a matrice, rafforzamento della rappresentanza e dei servizi, e lavoro per obiettivi.
La centralità delle cooperative non è stata solo una dichiarazione d’intenti. Abbiamo ascoltato oltre 400 cooperative in un’indagine su bisogni e aspettative nei confronti dell’associazione e abbiamo attivato dei focus group coinvolgendone attivamente oltre 60. Ne è emersa una richiesta chiara e impegnativa: essere rappresentati meglio, avere strumenti più efficaci, maggiore visibilità, nuove competenze.
Ecco perché abbiamo lavorato per rendere l’associazione più accessibile, più attenta alla dimensione economica oltre che valoriale, e capace di affiancare davvero le imprese cooperative nel rispondere ai bisogni dei territori, delle persone, delle comunità.

Il secondo passo è stato cambiare il nostro modo di lavorare. Abbiamo introdotto un modello organizzativo a matrice, che connette settori e territori, competenze e responsabilità, obiettivi e strumenti. È un cambio culturale prima che operativo: abbiamo superato logiche verticali e compartimentazioni, favorendo il co-design e l’interdipendenza tra funzioni.
Due strumenti sono stati centrali: la Consulta dei Direttori territoriali e settoriali, e il Comitato di Gestione, che abbiamo reso stabile, per dare concretezza alle strategie e rendere più fluido il processo decisionale.
Il terzo pilastro è la rappresentanza, che abbiamo rilanciato in un senso più ampio: non solo tutela, ma capacità di influenzare il dibattito pubblico, culturale ed economico. Con la Fondazione Barberini e il nostro Centro Studi abbiamo potenziato il pensiero cooperativo. Con la Biennale dell’Economia Cooperativa abbiamo rilanciato il ruolo politico della cooperazione. Con il coordinamento legislativo e il rafforzamento delle relazioni istituzionali – a livello nazionale ed europeo – abbiamo consolidato un’azione di lobbying positiva.
In parallelo, abbiamo investito in una comunicazione più strategica e coerente, e in servizi più mirati, efficaci e innovativi. Con strumenti come Centrinrete e la Rete Nazionale Servizi, che ci permettono di rispondere meglio alle esigenze delle cooperative, e altri programmi ancora, sempre con l’obiettivo di creare una vera infrastruttura di prossimità, anche digitale.
Proprio la trasformazione digitale è uno degli ambiti in cui più stiamo innovando. Abbiamo investito sulla Fondazione Pico, avviato una nuova anagrafica associativa, sviluppato una cartella digitale della cooperativa, una nuova area riservata online, e piattaforme dedicate a servizio civile, supporto finanziario, nuova cooperazione (Indicoo). Tutti interventi utili nel concreto, ma che hanno anche un’ambizione maggiore: rendere le cooperative più competitive, resilienti e sostenibili, in un mondo che cambia velocemente.
Il quarto pilastro è il lavoro per obiettivi. Il cambiamento organizzativo deve riflettersi nel modo di pensare e strutturare l’attività quotidiana. Il nostro Piano di Lavoro nazionale 2023–2027 è lo strumento con cui ci diamo obiettivi concreti, condivisi, misurabili. Un modo per rendere trasparente il nostro impegno e rendicontarlo a chi ci dà fiducia.
Accanto a questi assi portanti, abbiamo avviato una serie di progetti strategici che dimostrano come la visione si traduca in azione. Dal piano Respira per la sostenibilità, al progetto Accanto per accompagnare le cooperative in difficoltà; dai piani su Salute, Beni Confiscati e Internazionalizzazione, fino a quelli su Finanza (con una rete di operatori locali), Formazione, reclutamento del personale (con l’accordo con Randstad) e rafforzamento della base sociale con 4Form. Inoltre, abbiamo anche siglato un Accordo strategico con Svimez per dare al Piano Mezzogiorno basi solide di analisi e sviluppo.
Tutto questo percorso non sarebbe stato possibile senza il contributo di tante persone: i colleghi dell’associazione, i dirigenti, i cooperatori che ogni giorno si mettono al servizio degli altri. Insieme, stiamo costruendo un cambiamento che si regge sulla partecipazione e sulla responsabilità condivisa. E che guarda lontano.
Ora siamo a metà del percorso, ma la direzione è chiara. Legacoop vuole essere una piattaforma moderna, utile, cooperante. Una casa comune in grado di accompagnare le imprese cooperative nella transizione economica, sociale, ambientale e generazionale.
In questo senso, il cambiamento che stiamo vivendo non è un evento o un progetto, ma sta diventando il nostro stesso modo di essere. E intendiamo continuare a portarlo avanti, con lo stesso impegno, per costruire insieme un futuro più giusto, inclusivo e sostenibile. Più cooperativo.
[1] La natalità cooperativa mostra segnali di crisi che, se si inquadrano nella più generale crisi demografica della popolazione italiana e dei soggetti produttivi del Paese, ha però elementi di specifica preoccupazione. Infatti, dai dati del Registro delle imprese (e di quelli Unioncamere-InfoCamere) emerge un saldo negativo tra iscrizioni e cessazioni tra le cooperative rispetto a un saldo positivo per il totale delle imprese. Inoltre, dalla variazione 2024 su 2023, si rileva una crescita più bassa delle nuove iscrizioni tra le cooperative rispetto al totale delle imprese. Con riferimento, inoltre, al numero delle cooperative registrate come attive in Italia nel 2024, si segnala una significativa riduzione. Le cooperative attive registrate presso le Camere di Commercio ammontano, infatti, a 62.968 unità, il 13,5% in meno rispetto al 2023.
[2] Legacoop associa oltre 10.000 imprese, che hanno 7.5 milioni di soci, sviluppano un valore della produzione superiore ai 90 miliardi di euro, occupano circa 470.000 persone.
[3] La messa in discussione dei corpi intermedi è parte della più generale crisi delle democrazie rappresentative. Il nostro lavoro, la nostra capacità d’innovarci ed innovare ha quindi effetti che vanno ben al di là degli elementi più propri. Si veda a questo proposito: “Bassanini, Treu, Vittadini – Una società di Persone? I corpi intermedi nella democrazia di oggi e di domani, il Mulino, 2021.
Come conseguenza, vi leggo altresì un nesso importante con le difficoltà del Paese a crescere. Un sistema democratico forte e articolato garantisce le connessioni tra istituzioni e società che consentono di costruire progetti condivisi e duraturi. In ultima analisi più efficaci. Da qui l’importanza che attribuisco ai corpi intermedi e alla partecipazione sia rispetto alla tenuta del sistema democratico sia rispetto alla sua efficienza ed efficacia anche in termini di crescita economia e sviluppo sociale del Paese.