
Venerdì 11 e sabato 12 aprile ho avuto il piacere di partecipare, a nome di Legacoop, al primo incontro nazionale degli amministratori locali promosso da Riabitare l’Italia, ospitato nel cuore della Valle Soana, a Ronco Canavese. Una due giorni intensa e necessaria, dedicata al tema della casa e dell’abitare nelle aree interne del Paese, in un luogo che non è solo scenario di bellezza alpina, ma anche simbolo delle sfide più profonde delle aree interne: lo spopolamento, la rarefazione dei servizi, la dispersione delle energie. Ma anche la volontà ostinata di restare, di costruire, di reinventare, di cambiare il proprio ed altrui destino.

Camminare insieme tra borgate, montagne e parole
Purtroppo non ho potuto partecipare all’escursione di apertura che però mi è stata descritta come stupenda per il paesaggio e per l’occasione di costruire relazioni lente. Un bel modo per avviare una due giorni di lavoro e per toccare con mano quanto la montagna possa essere accogliente, se sostenuta da visione e relazioni.
Riabitare le aree interne: visioni, conflitti e possibilità
La tavola rotonda “Riabitare la montagna e le aree interne” è stata il cuore pulsante dell’incontro ed è stata introdotta da Gaetano Sateriale, che ha segnato il ritmo del confronto con una visione lucida: l’abitare è una questione politica prima ancora che edilizia. Serve una nuova idea di cittadinanza che parta da tre pilastri — casa, scuola, lavoro — per restituire dignità e futuro ai territori.
Isabella Brossa (LabIns) ha messo a fuoco il ruolo del welfare abitativo, partendo dal tema lavoro e delle strategie di sviluppo locale, come leva per ricostruire comunità. Insieme ad Andrea Marino (Tautemi), ha sottolineato come l’integrazione dei servizi — abitativi, sociali, sanitari — sia il vero nodo per un abitare generativo. L’abitare, come è emerso da più voci, non è solo “avere una casa”, ma è relazione, accesso, qualità della vita.

Andrea Membretti e Marco Leonetti, di Riabitare l’Italia, hanno portato l’esperienza della Scuola di Montagna e dell’Hub di Montagna in Valle Subqueana, mostrando come formazione, accompagnamento e rete siano elementi chiave per favorire il neo-popolamento. Vanni Treu, con il progetto “Vieni a vivere e lavorare in montagna”, ha raccontato di come, se ben strutturato e supportato da una strategia di sviluppo costruita su una profonda analisi dei dati, l’arrivo di nuovi abitanti sia una risorsa, non solo demografica, economica e culturale, su cui è possibile lavorare per invertire la tendenza allo spopolamento.

La parola ai sindaci: un racconto plurale
Dopo i saluti del sindaco di Ronco Canavese, il giovane e brillante Lorenzo Giacomino, che ha parlato della fragilità e delle potenzialità del suo territorio – partendo “dall’inverno demografico” e dal rischio spopolamento, ha ricordato il tema centrale di una proprietà immobiliare frammentata e spesso abbandonata – mettendo l’accento sul tanto lavoro avviato con i comuni vicini e l’importanza del fare rete, per poli lasciare lo spazio al confronto tra i sindaci.
Igor De Santis, sindaco di Ingria, uno dei comuni con il più alto calo demografico d’Italia, ha sottolineato quanto sia urgente trovare un equilibrio tra turismo e vita quotidiana, tra abitare temporaneo e abitare permanente. Il sindaco di Valprato Soana – Francesco Bozzato – ha insistito sul valore dell’accoglienza e sulla necessità di una fiscalità differenziata per chi vive e lavora in montagna. Marco Pisanu, sindaco di Siddi (Sardegna), ha posto la questione dello spopolamento come priorità assoluta, mentre Michele Giannini, sindaco di Fabbriche di Vergemoli, nella Garfagnana, ha riportato l’esperienza di chi ha puntato sui “residenti di ritorno”, con importanti investimenti sulla viabilità, sulla riacquisizione di immobili ad uso abitativo e sui servizi per trattenere chi è tornato.

Stefania Toso di Ideazione – società che si occupa di progetti di sviluppo territoriale sostenibile – ha raccontato i progetti che i comuni del territorio stanno realizzando o progettando.
Il mio intervento: la cooperazione come architrave dello sviluppo locale
Nel mio contributo come Legacoop, ho voluto portare la voce della cooperazione come infrastruttura dello sviluppo territoriale. Ho condiviso tre progetti che stiamo portando avanti e che rappresentano strumenti già attivi e replicabili:
• ACCANTO, per promuovere soluzioni abitative cooperative nei territori fragili, dove la casa diventa spazio di comunità, connessa ai servizi e al lavoro.
• RESPIRA, per lo sviluppo di comunità energetiche rinnovabili, che riducono i costi energetici e restituiscono valore collettivo. Progetto che condividiamo con Banca Etica e Coopfond e che ci ha consentito di accompagnare alla certificazione del GSE 40 configurazioni (CER) per una potenza installata di circa 6 MW cui presto si aggiungeranno nuove configurazioni.
• SALUTE, per rafforzare la presenza sanitaria di prossimità attraverso cooperative sociali, di medici di medicina generale e mutue capaci, in collaborazione tra loro, di garantire cure domiciliari, ambulatori, infermieristica di comunità.
Infine ho portato alcuni esempi di come le cooperative offrano e realizzino strumenti e progetti concreti per trasformare le aree interne a partire dalle tante cooperative di comunità che sono nate. Tra questi ha particolarmente colpito il caso della cooperativa Ture Nirvana che ha realizzato e gestisce l’Eco Villaggio di Torri Superiore (IM) che, se gli Amministratori e rete di Riabitare nel coprogetatre le loro attività convergeranno sul tema e la tappa ipotizzata, potrebbe essere una delle prossime mete del “gemellaggio”.
Questi progetti non sono “iniziative”: sono strumenti di cittadinanza. Servono a costruire luoghi dove si possa scegliere di vivere, non solo restare per mancanza di alternative.
Uncem, Riabitare e la forza della rete

A chiusura della tavola rotonda, gli interventi di Sabina De Luca (ForumDD), Roberto Colombero (Presidente UNCEM – Piemonte) e Sabrina Lucatelli (Riabitare l’Italia) hanno tirato le fila. De Luca, ricordando il lavoro svolto dal Social Forum dell’Abitare, ha posto l’accento sulla mancanza da troppo tempo di un nuovo intervento pubblico e la necessità di sostenere le proposte di legge in itinere che vanno in questa direzione. Colombero, partendo dalla gravità del tema demografico, ha ribadito quanto sia importante che i comuni montani non vengano lasciati soli, come troppo spesso la politica nazionale fa, ma vadano sostenuti da politiche coerenti e continuative. Lucatelli ha saputo ricomporre le molte voci in un messaggio forte: serve una visione sistemica, dove l’abitare tiene insieme casa, relazioni, salute, mobilità, lavoro.
Progetti ed una comunità generativa

Il sabato mattina, guidati dal sindaco e dal suo racconto sulla comunità, i progetti avviati, la storia di Ronco Canavese, la cultura e la lingua “francoprovenzale”, gli abiti tradizionali e l’antica cultura artigiana del vetro e del rame, spesso esportate nella vicina Francia dai migranti; oltre alla bella visita alla biblioteca ed all’antica fucina del rame abbiamo potuto apprezzare una comunità viva, partecipata, generativa. Ancora una volta si rafforza in me l’opinione che a fare la differenza siano sempre le persone, la loro capacità e voglia di mettersi in gioco e di lavorare cooperando.

Una nuova centralità per le aree interne
Conoscevo da tempo Riabitare l’Italia e la ricchezza e le potenzialità delle sue attività, anche per aver sostenuto – come Coopfond – il loro progetto di ricerca Giovani Dentro. Li unisce competenza, passione, capacità di costruire reti.
Riparto da Ronco Canavese con la conferma che siamo nel mezzo di un possibile cambio di paradigma: le aree interne non sono più soltanto spazi da tutelare, ma laboratori di innovazione sociale, ambientale e politica come giustamente ha sottolineato Colombero nel suo intervento. Riabitare è un verbo potente, che implica scelta, impegno e relazioni.
E la cooperazione, con il suo approccio mutualistico, è pronta a fare la sua parte: per abitare meglio, per vivere insieme e per generare un nuovo futuro nei territori.