Le comunità locali organizzate dovranno rivestire un ruolo sempre più importante per rifondare una nuova democrazia e recuperare fiducia nella democrazia rappresentativa.

Questa la tesi di fondo  di “Una nuova democrazia” che C. Taylor, P.Nanz, M.B. Taylor ci propongono anche attraverso una serie di esempi di esperienze di progettazione condivisa della propria comunità1.

Un analisi di Enzo Risso sulla crisi di fiducia dei cittadini nei confronti della politica

Partendo dall’analisi della crisi delle democrazie rappresentative, di cui abbiamo già parlato anche qui e qui, sostengono che è a livello locale che sia necessario e possibile ridare slancio alla politica perché “la degenerazione della democrazia è strettamente legata all’erosione delle comunità locali”, alla sempre più ridotta comprensione dei meccanismi del cambiamento da parte dei cittadini ed alla perdita di speranza di poter incidere realmente sul proprio ed altrui destino.

Il libro racconta casi di riprogettazione nate in luoghi, sia in Europa sia negli USA, che hanno subito i grandi traumi della deindustrializzazione, ma noi sappiamo, grazie all’esperienza delle cooperative di comunità, che questa capacità di attivare e di attivarsi può riguardare anche altri luoghi sia nelle aree interne sia nei quartieri delle città.

Non a caso AICCON apre la propria ricerca sul fenomeno delle cooperative di comunità affermando che:

La fase che stiamo vivendo sta amplificando il valore e la rilevanza di quelle “Comunità Intraprendenti” capaci di rigenerare e condividere con i propri abitanti una comune prospettiva di sviluppo.

Intraprendenza che ritroviamo nei giovani delle Aree Interne al centro della ricerca-azione di Riabitare l’Italia (che ha avuto il sostegno anche di Coopfond), nei molti esempi di cooperazione di comunità come I Giardini Luzzati di Genova, che hanno recuperato e rianimato parte importante del centro storico di Genova, il Cinema Postmodernissimo di Perugia o la Valle dei Cavallieri di Succiso dove la cooperazione di comunità ha assunto la fisionomia che conosciamo oggi e così via.

Gli autori del volume si interrogano su come sia possibile avviare e favorire il processo dall’esterno, sull’esigenza o meno di un ruolo di attivazione da parte delle istituzioni locali concludendo che le stesse rivestono sempre un ruolo importante anche quando non sono le attivatrici dei processi. E’ questo il caso dell’esperienza italiana dell’amministrazione condivisa e dei patti di collaborazione (si veda cosa sono e il loro elenco in Labsus).

I presupposti per il cambiamento devono essere: “far incontrare le persone, condividere le informazioni, arrivare ad una nuova comprensione, creare insieme nuove conoscenze, stabilire obiettivi comuni”, azioni che hanno bisogno di professionalità, competenze specifiche, continuità, relazione con le istituzioni locali.

Interessanti i casi statunitensi di supporto ai processi partecipativi da parte di fondazioni locali di comunità come Incourage, che ha la mission di costruire approcci partecipativi allo sviluppo “place-based”, la Jacobs Family Foundation o il Jacobs Center for Neighborhood Innovation (impegnati in processi di sviluppo con al centro i residenti) o le Comunity Development Corporation (CDCs).

Impossibile per me non pensare ad Alkimie – formule per il territorio, associazione che ho contribuito a fondare proprio con l’intento di supportare processi di sviluppo locale sostenibile.

Esperienze, quelle raccontate nel volume, che ne richiamano di analoghe svolte in Italia da fondazioni di origine bancaria o d’impresa come per esempio i progetti: CREAREE di Unipol, ATTIV-AREE di Fondazione Cariplo, Appennino della Fondazione Garrone o altri che vedono impegnato il movimento cooperativo come quelli di Legacoop Abitanti presentati nel quaderno Next Green Housing della Fondazione Barberini.

Al centro dei casi di studio del volume l’elemento chiave è il dialogo attraverso cui si riattivano le reti di fiducia tra cittadini, tra cittadini ed istituzioni e questo fa si che si possano attivare processi innovativi e condivisi di rigenerazione dei luoghi.

Un libro che vale la pena leggere, per la cassetta degli attrezzi proposta, per la forza del racconto dei casi, per le analogie con i casi italiani che ho sinteticamente ricordato. Le analogie ci fanno pensare che siamo di fronte ad un fenomeno profondo, carsico a qualcosa di forte che ci restituisce speranza e strumenti per immaginare e progettare azioni di sviluppo locale.

Ho trovato parzialmente contraddittorie le conclusioni la dove si auspica l’avvio di sinergie tra partiti, movimenti sociali e organizzazioni delle comunità locali. Il fatto è certamente auspicabile ma, allo stato delle cose, mi pare contraddica uno degli elementi di premessa, ovvero la crisi dei partiti e la loro conseguente chiusura verso “l’esterno” come parte (concausa) della crisi dei sistemi democratici.

Penso che, per ora, sarà necessario fare leva soprattutto sull’auto-organizzazione dei cittadini. I molti esempi di successo sono ragione di speranza, poi arriveranno anche i partiti.

1Taylor C., Nanz P., Taylor M.B. Una nuova democrazia – come i cittadini possono ricostruirla dal basso. Traduzione Maria Chiara Piccolo. Trento, Il Margine, Gennaio 2022